Quale parte della immensa variabilità vegetale porteremo con noi nei sistemi biorigenerativi per viaggi di lunga durata o per le basi sulla Luna o su Marte? Possiamo mangiare migliaia di specie vegetali e centinaia sono usate nell’agricoltura dei diversi climi e paesi del mondo. La biodiversità vegetale è un serbatoio ricco a cui l’uomo ha sempre attinto e a cui dovrà attingere in futuro per una alimentazione sana e sostenibile. Sulla terra, la diversità degli ambienti in cui coltivare i nostri alimenti ci stimola a scegliere le specie più adatte e a diversificare le coltivazioni e i prodotti. La scelta delle specie da coltivare nello spazio, deve combinare molte esigenze e vincoli (nella foto in basso, un piccolo esempio della variabilità del germoplasma orticolo. Credit: Gregorio Sgrigna IBAF–CNR, 2015).
E’ più facile pensare a piante di piccola taglia che ad alberi. La produzione di parti mangiabili deve essere alta rispetto ai residui da riciclare, e i cicli di produzione dovranno essere veloci. Una ciotola di rosse ciliegie farebbe di certo piacere agli astronauti, ma un cestino di fragole si può ottenere in minor tempo e spazio e con meno residui. Dovrà essere agevole riprodurre le specie che si coltivano, senza doverne controllare i sistemi riproduttivi. Le specie scelte dovranno crescere bene in condizioni ambientali facili da riprodurre e mantenere, senza competere fra di loro, per convivere in sistemi multi-colturali. Le piante spaziali dovranno avere fotosintesi e traspirazione efficienti e capaci di acclimatare a variazioni di luce, temperatura e umidità dell’aria.
Così, controllando accuratamente l’ambiente di crescita, non otterremo solo cibo, ma anche la fissazione della CO2, la produzione di O2 e di vapore d’acqua, un modo naturale di purificare l’aria e l’acqua usate dagli astronauti. Il cibo dovrà essere facilmente utilizzabile, con minime esigenze di lavorazione, cottura, trasformazione e conservazione, ma sarà utile avere piante ricche di più elementi nutritivi che aiutino ad avere una dieta equilibrata. Negli esperimenti fin qui condotti sono state studiate principalmente le specie che sulla terra forniscono la base energetica all’umanità, come frumento, riso, patata e soia dalle quali avremo carboidrati proteine e grassi.
Sono state studiate anche specie, come ad esempio insalata, rucola, spinacio e fragole, che ci forniscono altre componenti di una dieta ricca e diversificata, come vitamine, sali minerali, fibre, antiossidanti e molecole nutraceutiche. Il controllo delle condizioni di crescita dovrà sfruttare queste doti delle piante massimizzando la produzione di componenti ad alto valore nutrizionale e nutraceutico dei vegetali. Presso l’Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale del Consiglio Nazionale delle Ricerche in collaborazione con il Dipartimento di scienze e tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia (DAFNE) dell’Università della Tuscia, svolgiamo da tempo esperimenti sulla risposta di piante orticole all’ambiente spaziale, per ottimizzarne la qualità nutritiva (nella foto a destra l’estrazione in presenza di azoto liquido garantisce il blocco del metabolismo e facilita la triturazione dei tessuti. Credit: Gregorio Sgrigna IBAF–CNR, 2015)
Ottimizzando le condizioni ambientali come temperatura luce e concentrazione di CO2 ad esempio, si possono avere spinaci con aumentata vitamina C. Nello spazio dovremo prevenire l’insorgenza di malattie delle piante, così il cibo vegetale sarà esente da residui di antiparassitari. Con la stessa attenzione dovremo evitare che le piante accumulino fattori anti-nutrizionali, perché si sa, le piante sono buone, ma con l’evoluzione hanno imparato a difendersi dai predatori e possono produrre composti tossici che non vogliamo nel piatto degli astronauti. Infine coltivare dovrà essere divertente e l’orto spaziale dovrà essere bello, rigoglioso, colorato, fornendo così agli astronauti anche motivo di svago e un ambiente gradevole e naturale dove trascorre parte del loro tempo. Gli astronauti verosimilmente non potranno sdraiarsi su un prato per la tintarella, ma possiamo immaginarli seduti a leggere un libro, o magari a passeggiare e colloquiare in un nuovo EDEN ricco di forme colori e profumi per momenti di pausa terrestre.
A cura di Alberto Battistelli – CNR
Il team
Alberto Battistelli, Stefano Moscatello, Simona Proietti, Walter Stefanoni, Guglielmo Santi – Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale – Consiglio Nazionale delle Ricerche (IBAF –CNR).
Giuseppe Colla – Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia (DAFNE) dell’Università della Tuscia.
10/09/2015